IAM Reggio Calabria: estorsione, caporalato e indebita percezione di erogazioni pubbliche
L'indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Cosenza
Pubblicazione: 01 Agosto 2024
Ultimo aggiornamento: 01 Agosto 2024
All’esito di una complessa attività di indagine condotta dall’Ispettorato d’Area metropolitana di Reggio Calabria e dall’INPS di Reggio Calabria, congiuntamente alla Squadra mobile della Polizia di Stato ed al Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Cosenza, è stata eseguita un’ordinanza di misure cautelari interdittive nei confronti di tre persone fisiche ed di una società, quest’ultima destinataria anche del sequestro del profitto dei reati contestati, per un importo pari a circa mezzo milione di euro. Le ipotesi di reato per i quali si è proceduto sono ascrivibili ai reati di cui all’art. 603-bis, 640-bis e 316-ter c.p. e al D. Lgs. n. 231/2001.
L’adozione delle misure cautelari si pone a valle di un complesso ed articolato percorso investigativo sviluppato all’esito di un controllo amministrativo effettuato - a partire dall’inizio di novembre 2021 - ad opera della Questura di Cosenza nei confronti di un istituto di vigilanza privata.
L’attività di indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza, ha consentito, di ricostruire in maniera compiuta, un sistema imprenditoriale patologico connotato dalla riduzione dei diritti dei lavoratori, negazione persino delle ferie e costrizione all’accettazione di condizioni di lavoro inique in ragione dell’esigenza di preservare il proprio rapporto di lavoro. Il “posto” lavoro stesso era percepito, dai lavoratori come un privilegio, in un contesto economico depresso e caratterizzato da elevatissimi tassi di disoccupazione.
Dall’indagine è emerso un clima estorsivo in danno dei lavoratori, determinato dai datori di lavoro indagati in modo seriale.
L’attività di riscontro della documentazione aziendale consentiva di accertare l’esistenza di una rilevante posizione debitoria della società nei confronti dei propri lavoratori, riconducibile alla mancata erogazione delle competenze accessorie, in particolare a titolo di compensi per lavoro straordinario. Con il sistema messo in atto, la società riusciva a conseguire importanti vantaggi, consistiti non solo nella riduzione dell’ammontare delle retribuzioni ma anche degli oneri contributivi, per un importo lordo di retribuzioni non corrisposte e conseguenti contributi evasi, dal 2016 al 2021, pari a circa un milione e mezzo di euro.
Si è, inoltre, accertato che negli anni 2020 – 2021 la società ha indebitamente beneficiato degli sgravi contributivi comunemente, conosciuti come “Decontribuzione Sud”, ossia di un’agevolazione finalizzata a salvaguardare l’occupazione nelle aree più svantaggiate del Paese e consistente in uno sconto sui contributi previdenziali complessivi dovuti dal datore di lavoro per i propri dipendenti, destinata alle sole aziende virtuose che rispettano specifiche condizioni di legge.